In tutto il nuovo Codice dei Contratti il “rinnovo” (che prevede la possibilità, senza la necessità di stipulare un nuovo contratto, di intervenire non solo sul “tempo” dell’originario contratto ma anche sui suoi specifici contenuti e principalmente sul prezzo, a patto che la relativa clausola sia espressamente prevista nel contratto originario) viene citato unicamente in specifiche disposizioni indirizzate al calcolo del valore stimato dell’appalto e quindi nell’art. 35, comma 4, D.Lgs. 50/2016 (non ripetendo poi tale disposizione nell’art. 167 che disciplina il valore stimato delle concessioni) e nell’allegato XIV, Sez. B, n. 5 che disciplina le informazioni da inserire negli avvisi e bandi. E’ anche sparito quel riferimento a suo tempo contenuto nella procedura negoziata all’art. 57, ult. c., D.Lgs. 163/2006, in quanto l’attuale art. 63 non cita più l’ipotesi del divieto del “rinnovo tacito”, non potendosi quindi più ritenere implicitamente ammesso quello “espresso” e cioè originariamente previsto nel regolamento di gara.
Ciò appare in linea con quanto si legge nel parere del Consiglio di Stato (n. 855/2016) a seguito della ricezione della bozza governativa del nuovo Codice dei Contratti, nel quale si invitata il Governo a stralciare la previsione del “rinnovo” allora espressamente contenuta all’interno dell’art. 106, comma 12 (prevedendosi la possibilità di intervenire anche a modifica del prezzo, oltre che della durata) in quanto “…non è coerente con le direttive. In base al diritto europeo il rinnovo del contrato è consentito solo se rimane immodificato il suo contenuto (e ciò perché sin ab origine, cioè sin dalla indizione della gara originaria, gli operatori economici devono essere in grado di valutare la convenienza della partecipazione e delle previsioni contrattuali) In altri termini, se vi è modifica del contenuto del contratto vi è un nuovo contratto: e ciò comporta la necessità di una specifica gara. Non si può dunque prevedere che sia modificato il contratto ‘rinnovato’: vanno conseguentemente soppressi tutti i richiami alla possibilità di modificare il contenuto del contratto rinnovato…”.
Ne consegue che il richiamo contenuto nell’attuale art. 35 e nell’allegato XIV sopra citati deve esser “letto” in termini diversi rispetto al passato, in linea con quanto è stato espresso dall’ANAC nel suo capitolato tipo sui servizi e forniture sopra soglia comunitaria, e cioè nel senso del dover rimanere in ogni caso invariato il contenuto del contratto in ogni ipotesi di “rinnovo”, che deve appunto avvenire “alle medesime condizioni”. Sempre l’ANAC, in due recenti pareri, ha confermato tale impostazione che, quindi, va profondamente ad incidere anche sulla giurisprudenza in materia di “rinnovo”, che, negli ultimi anni, dopo un periodo di oscillazioni giurisprudenziali, lo ammetteva pacificamente (sempre nel regime del D.lgs. 163/2006).
Né qualsiasi possibilità di “rinnovo” potrebbe desumersi, a questo punto, dal comma 1, lett. a) dell’art. 106, D.lgs. 50/2016: una clausola chiara, precisa ed inequivocabile non potrebbe in ogni caso rendere aleatoria l’offerta, magari ancorandosi al realizzarsi di situazioni di mercato e/o prezzi prefigurate in sede di gara, ma ancorate appunto all’aleatorietà, e, dovrebbe restare nell’alveo di una mera “proroga” contrattuale.
A questo punto pare evidente che vi sono due possibilità.
Si può ritenere comunque esistente il “rinnovo”, ma a condizioni diverse da quelle previste nel D.Lgs. 163/2006 (l’appalto non può avere contenuto diverso da quello originario; la durata non può essere maggiore del contratto originario, per consentire al partecipante alla gara di formulare un’offerta adeguata; in fase di gara il valore complessivo dell’appalto deve tenere conto del rinnovo, anche ai fini delle garanzie), di fatto consistendo in una “proroga” contrattuale” e ritenendo che rientrino in questo genus anche ipotesi che vengono diversamente denominate, quali la “ripetizione” di lavori e servizi analoghi di cui al comma 5° dell’art. 63, D.Lgs. 50/2016 (anche se, in tal caso, si procede alla stipula di un nuovo e diverso contratto, a procedura negoziata e non vi è un prolungamento dell’originario contratto).
Ma si può ritenere, invece, che il “rinnovo”, ormai, non sia più esistente nel nostro ordinamento e sia preferibile parlare di “proroga” contrattuale (anche per evitare commistioni con la passata nozione di “rinnovo”) e distinguere forme diverse dal “rinnovo” o dalla “proroga” che dir si voglia, quali la sopra citata “ripetizione”, che altro non è che un’ipotesi specifica di procedura negoziata.
Tra le due tesi – anche per migliore chiarezza e per evitare errori al momento della predisposizione del regolamento di gara – appare preferibile la seconda, in quanto non ha ormai molto senso mantenere, nel nostro ordinamento, una nozione di “rinnovo” che non differisce in nulla dalla “proroga contrattuale” o “opzione” (così la definisce l’art. 35, comma 4) o “opzione di proroga” (così la definisce l’art. 106, comma 11). Tra l’altro, l’attuale “rinnovo” deve essere accettato dall’appaltatore e quindi non potrebbe essere rifiutato, trattandosi di diritto potestativo della stazione appaltante: infatti, in caso di rifiuto, ciò attesterebbe la presenza di una trattativa per ciò solo e quindi si rientrerebbe nella “vecchia” ipotesi di “rinnovo” allorchè si “trattava” il contenuto del contratto da prorogare, con la possibilità quindi di rifiuto da parte dell’appaltatore che non gradisse le diverse nuove condizioni.
Poiché, però, proprio l’ANAC, da ultimo nel suo bando-tipo, continua a riferirsi al “rinnovo”, se si vuole mantenere questa nomenclatura, appare preferibile, per evitare fraintendimenti, parlare di “rinnovo-proroga” contrattuale, cioè agli stessi prezzi, patti e condizioni originari. Infatti, tra l’altro, il comma 11 dell’art. 106, D.Lgs. 50/2016 – nel prendere in esame la “proroga” in maniera non certo chiara e lineare e sovrapponendo la “proroga contrattuale” alla ben diversa “proroga tecnica” – si riferisce chiaramente alla necessità di tenere conto dei “prezzi più vantaggiosi”, per la sola stazione appaltante, che dovesse fornire il mercato alla sola ipotesi di “proroga tecnica”. Anche da ciò si ha la comprova che, ormai, “proroga” contrattuale” e “rinnovo” appartengono alla stessa species e, semmai, solamente la “proroga tecnica” ha una sua particolare connotazione, in quanto consente un maggiore apprezzamento rispetto a prezzi eventualmente più vantaggiosi per la p.a., ma, si ritiene, fermo restando il diritto potestativo della stazione appaltante di pretenderla laddove prevista nel regolamento di gara.
Avv. Gianni Zgagliardich
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